Per vivere c’è bisogno di energia, e con il tempo sono stati sviluppati modelli matematici che ci hanno permesso di assegnare un valore numerico tanto alla nutrizione quanto all’attività fisica. Allo stesso modo ci siamo esercitati a fare bene i calcoli e abbiamo capito che per mantenere stabile il nostro peso, dobbiamo introdurre solo il cibo che riusciamo a smaltire con il movimento (vai qui). Così, per esempio, se l’energia contenuta in un gelato è di più di quella necessaria a farci camminare dal frigo al divano, ne accumuleremo la differenza sotto forma di grasso e aumenteremo di peso. Quale energia? Quella contenuta nel cibo, l’energia silenziosa degli alimenti conosciuta con il nome di calorie. Le calorie ci svelano infatti quanta energia c’è in quello che mangiamo e beviamo - proprio come fanno i chilogrammi con il peso – ed è per questo che vengono dichiarate sulle etichette delle confezioni alimentari sotto la voce “valori nutrizionali”. Il quantitativo di calorie di ciascun alimento viene ricavato per mezzo della Bomba Calorimetrica, un recipiente a chiusura ermetica nel quale si brucia un campione definito di cibo e se ne misura il calore prodotto (Vedi sotto).
Come unità di misura del potere calorifico degli alimenti è stata scelta la Caloria (notate la “C” maiuscola), che in realtà noi preferiamo chiamare kcal (chilocaloria).
Proteine e carboidrati forniscono 4 kcal per grammo, mentre i grassi ne forniscono 9 per grammo. Conoscendo questi valori è possibile definire il contenuto calorico degli alimenti che contengono quantità variabili dei tre nutrienti.
Se guardate l'etichetta nutrizionale posta sul retro di un cartoncino di latte parzialmente scremato, vedrete che questo contiene all’incirca 50 kcal per ogni 100 g (ml) di prodotto (vedi figura sotto).
Ciò significa che facendone bruciare 100 grammi su di una fiamma si riuscirebbero a produrre 50 kcal, calore sufficiente ad innalzare di 1 °C la temperatura di 50 kg d’acqua. Di queste 50 kcal, 16 provengono dai grassi (9 x 1,8), 20 dai carboidrati (4 x 5) e 14 dalle proteine (4 x 3,5).
Nella dieta però, non è il calore ad essere importante, bensì l’energia, o meglio la quantità di energia che il nostro corpo estrae dal metabolismo di ciò che mangiamo. Infatti, anche se l’energia viene comunemente misurata in kcal, quando posta in relazione all’organismo vivente assume una significato esclusivamente chimico.
Se guardate l'etichetta nutrizionale posta sul retro di un cartoncino di latte parzialmente scremato, vedrete che questo contiene all’incirca 50 kcal per ogni 100 g (ml) di prodotto (vedi figura sotto).
Ciò significa che facendone bruciare 100 grammi su di una fiamma si riuscirebbero a produrre 50 kcal, calore sufficiente ad innalzare di 1 °C la temperatura di 50 kg d’acqua. Di queste 50 kcal, 16 provengono dai grassi (9 x 1,8), 20 dai carboidrati (4 x 5) e 14 dalle proteine (4 x 3,5).
Nella dieta però, non è il calore ad essere importante, bensì l’energia, o meglio la quantità di energia che il nostro corpo estrae dal metabolismo di ciò che mangiamo. Infatti, anche se l’energia viene comunemente misurata in kcal, quando posta in relazione all’organismo vivente assume una significato esclusivamente chimico.
I processi metabolici trasformano e utilizzano i carboidrati e i grassi, estraendo dagli alimenti ingeriti l’energia necessaria a ricostituire l’ATP. Sono i legami chimici di quest’ultimo a fornire l’energia per ogni attività cellulare. Questi legami, che vengono definiti “legami altamente energetici” e indicati con la notazione (~), non differiscono da quelli che tengono assieme gli atomi dei nutrienti introdotti con l’alimentazione, salvo che per il valore relativamente elevato di energia necessaria a formarli. Un’assunzione media di 2.500 kcal giornaliere si traduce in una produzione di 180 kg di ATP. Ma questo è solo un investimento energetico, recuperabile all’atto della rottura dei legami dell’ATP (idrolisi). Da tutto questo discorso sono state omesse le proteine perché la loro capacità di fornire kcal è certa solo quando si scalda l’acqua in condizioni sperimentali. Infatti, nel contesto di una nutrizione adeguata, gli aminoacidi delle proteine ingerite non vengono spinti nei cicli di produzione dell’energia, bensì risparmiati per essere impiegati in attività più nobili, quale, per esempio, la sintesi di nuove proteine corporee.
Dimenticavo. Come per tutto, c’è sempre qualcuno che si diverte a complicare le cose dando connotazioni diverse a nozioni già acquisite. Così, dal Gennaio 2000 tutti i paesi della Comunità Europea, hanno deciso di assumere un’unità di misura diversa per calcolare la quantità di energia prodotta dagli alimenti, quella riconosciuta dal Sistema Internazionale. Via dunque la caloria e benvenuto al joule, che esprime meglio il lavoro e si abbrevia con j. Per passare agevolmente dalle kcal ai joule, un'unità di misura più consona ai fisici, è sufficiente moltiplicare per 4,186.